I quotidiani, i telegiornali, i programmi di approfondimento che la televisione ci propone e ci ha proposto dall’inizio della guerra in Ucraina, ci hanno permesso di orientarci e sviluppare un pensiero critico? Ci hanno aiutato a formare un’idea chiara delle ragioni storiche di questo conflitto e a comprendere quindi le posizioni delle due parti sul fronte del combattimento, quelle di coloro che appoggiano l’Ucraina con sanzioni ai danni della Russia, fornendo armi e di coloro che invece hanno scelto la neutralità, o simpatizzano per la Russia?
Sembra questo, sembra quello
È una fiamma ci scommetto…
…no è la cresta del galletto
(…)
Sono tronchi, sono piante…
…no, son zampe di elefante
Non c'è dubbio, questo è il mondo…
…no, invece è un occhio tondo
L'occhio blu del signore Ivo…
che par buono…
…ma è cattivo
Al contrario il signor Tono par cattivo…
….invece è buono.
Sembra questo, sembra quello…
sembra brutto, invece è bello,
sembra un cesto, ma è un cappello,
sembra un monte, ma è un cammello…
L'importante è capire che si può sempre sbagliare,
e che spesso non vuol dire quel che sembra e come appare…
(Maria Enrica Agostinelli, Sembra questo sembra quello…, Adriano Salani Editore, 2002 )
Per quanto sia una che vuole capire, che legge più di un quotidiano, che ascolta i telegiornali, che spesso segue programmi di approfondimento televisivi, che ama confrontarsi con altri per mettere in oscillazione le proprie idee, se non avessi fatto un lavoro di ricerca personale, attingendo ad altre fonti indipendenti, avrei fatto fatica a capirci qualcosa e a portare nel dialogo argomentazioni e non solo emozioni. Purtroppo quelli che attualmente si presentano come programmi di approfondimento, non sono strutturati per raggiungere questo obiettivo, piuttosto si rivelano una collezione di spot, in cui è possibile fare battute, acquisire una dimensione di immagine, ma non approfondire.
D’altronde talk show si traduce letteralmente con spettacolo di parole e lo spettacolo si ha quando ci sono le urla, le sovrapposizioni.
Assistiamo all’incapacità mediatica, televisiva di soppesare criticamente ragioni e torti, spesso uno inizia a dire qualcosa e l’altro o gli altri gli parlano sopra, talvolta lo insultano se non sono d’accordo, passando velocemente dalle argomentazioni all’attacco personale, spesso senza neppure aver sentito fino in fondo quello che l’altro stava dicendo. Il risultato per l’ascoltatore è quello di collezionare e introiettare frammenti, che spesso non è possibile neppure collegare tra loro. Frequentemente vengono espresse e sposate tesi aprioristiche e non viene fornita al pubblico una reale analisi delle ragioni, e questo ha un effetto gravissimo sulla democrazia.
D’altronde la democrazia in Italia è in grave crisi e da anni il governo è in mano agli stessi gruppi, sganciati dalle aspettative, dalle istanze, dai bisogni popolari e progressivamente sono stati soppressi tutti gli spazi democratici, tant’è che attualmente siamo chiamati a decidere su questioni secondarie, o comunque non prioritarie, distratti da quelle importanti.
Le persone che non hanno accesso ad altre fonti di informazione, che occorre saper cercare sul web, fanno fatica ad avere un quadro che permetta di comprendere quale sia la posta in gioco e questo rischia di provocare conseguenze gravi dal punto di vista politico, di creare tensioni sociali interne e ostilità diffuse.
Il fatto che il mainstream mostri solo una posizione e la validi con immagini di distruzioni, stragi, sofferenza, il fatto che ripeta che Putin è un pazzo, un dittatore, un macellaio, lo sovrapponga ad Hitler (basta ascoltare qualsiasi programma televisivo o scorrere le immagini che circolano su internet o le copertine delle riviste) fomenta l’odio non solo verso di lui –sento persone che dicono che qualcuno dovrebbe ucciderlo-, ma anche nei confronti dei russi ed è in corso una campagna verso tutto ciò che è russo, per esempio, dopo Dostojevskij e Tchaikovskij, i direttori e le soprano russe, sono stati esclusi anche i tennisti russi da Wimbledon…)-.
E quando scatta l’odio, quando si demonizza e de-umanizza una parte, si individua un capro espiatorio su cui proiettare tutto ciò di cui si ha paura, le argomentazioni non servono più, in quanto avviene uno spostamento dalla ragione agli istinti, alle passioni, l’umanità viene “assassinata” e si giustifica la vendetta e qualsiasi azione che prima sarebbe stata giudicata inaccettabile.
Ma dividere il mondo in buoni e cattivi non è forse una semplificazione? La realtà è molto più complessa e le ragioni non stanno mai da una parte sola.
Continuando a raccontare le cose in questo modo, contraiamo un debito con la realtà, che prima o poi pagheremo.
Quando parlo di mancanza di indagine critica, non parlo di persone che rientrano in un generico qualunquismo, o che sono disinteressate, piuttosto di un condizionamento operativo, che riduce il perimetro del dicibile: se dissenti dalla narrazione ufficiale, se non ripeti ciò che è accettabile, sei un nazista, sei un putiniano, sei un mostro, sei un orco…, così come durante la pandemia chi manifestava idee diverse era una persona che non aveva sensp civico, un no vax, un untore, un pazzo criminale…
Siamo in una fase di pericolosità spaventosa: politica, sociale, economica, da più parti sento, con una preoccupante tranquillità e inevitabilità, parlare di possibilità di una terza guerra mondiale, ma… ci rendiamo conto che si andrebbe incontro al rischio dell’estinzione totale?
Ma, certamente, non si può trattare la pace se si disumanizza una parte. Non ci si può sedere a un tavolo con un mostro, non si può arrivare a una mediazione e ricercare soluzioni onorevoli per tutte le parti in gioco, se non si riconosce la legittimità dell’avversario.
Spesso si sente utilizzare la parola vittoria, ma può essere considerata vittoria per qualunque parte, quella ottenuta su un cumulo di macerie? Nella guerra che inizia a comparire all’orizzonte non ci sarebbero vincitori, ma solo vinti.
A chi sbraita dalle tv o dai giornali che non abbiamo soluzioni e che l’unica via è quella di armarsi di più e intervenire con gli eserciti chiedo: quale pace effettiva si è realizzata in Afghanistan, in Iraq, in Siria o nei Balcani? E perché mai l’autodeterminazione che si rivendica per l’Ucraina, non si deve rivendicare per la Palestina, che subisce un’occupazione feroce da 70 anni? E perché l’Arabia Saudita può fare quello che vuole in Yemen?
La via più impervia, che tuttavia ha luminosi precedenti storici, è quella di immaginare e tentare di costruire ogni giorno la possibilità di difese alternative, di resistere in modo non armato e nonviolento. Si può sottrarre potere al più forte, perché il dittatore di turno non potrà mai ottenere la nostra collaborazione fino in fondo, se noi non lo vogliamo.
I movimenti nonviolenti, i corpi civili di pace, la cooperazione internazionale, le associazioni pacifiste e ambientaliste sono presenti in tante parti del mondo, in modo attivo e non armato, per difendere i diritti dei più deboli, per promuovere partecipazione e processi di liberazione, per difendere la terra, l’acqua, l’aria dalle aggressioni.
Questo può essere forse il nostro modo di esserci e garantire un futuro all’umanità e al mondo.
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